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convegno medicina del Benessere

Si parlerà anche di nutrizione e intolleranze alimentari durante l’VIII Convegno di Medicina Estetica Integrata che l’istituto di Medicina del Benessere Frontis organizza in occasione della festa della Donna.

L’evento, dedicato sia a un pubblico femminile sia maschile, sarà un’importante occasione di confronto, dialogo e approfondimento su alcuni aspetti fondamentali per il nostro benessere nel campo della medicina estetica, della nutrizione e della medicina antiaging.

Tra i numerosi esperti del settore che interverranno al convegno, ci sarà anche il Prof. Giuseppe Di Fede – Direttore dell’Istituto Medicina Biologica (I.M.B.I.O) e Istituto di Medicina Genetica Preventiva Personalizzata (I.M.Ge.p) di Milano.

Novità di questa edizione è la sessione pomeridiana, dove gli esperti saranno a disposizione per rispondere alle domande dei più giovani.

Potete iscrivervi direttamente online: http://www.frontis.it/wordpress/iscrizioni-on-line/

intolleranza al lattosioA cura del Prof. Giuseppe Di Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

Le proprietà nutritive del latte sono sempre state associate al concetto di salute e crescita, e il suo consumo è parte di una cultura popolare che si tramanda da generazioni.

Si tratta, infatti, di un alimento indispensabile per il bambino in crescita. Per gli adulti il discorso è differente e per valutare gli effetti positivi del suo consumo dobbiamo considerare diversi aspetti. Primo fra tutti, la qualità del prodotto.

La gestione dell’allevamento delle mucche da latte è stata modificata nel tempo, con importanti conseguenze nelle proprietà e nella sicurezza dell’alimento: il latte che beviamo oggi ha una qualità inferiore rispetto a quella di tanti anni fa.  Perché il latte sia di massima qualità, le mucche dovrebbero poter pascolare e alimentarsi in erba, libere di muoversi per tutto il giorno. Lo scenario può essere invece molto diverso: le mucche sono mantenute in batterie, con mangimi a base di soia, fieno e alimenti derivati. Non possono muoversi liberamente e passano gran parte del tempo a mangiare biada, sottoposte a stress produttivo con la somministrazione di fattori di crescita che aumentano la produzione di latte, anche di 4 o 5 volte in più rispetto alla normalità.

Il latte prodotto dalle mucche al pascolo sarà quindi più ricco di omega tre, antiossidanti naturali, proteine, calcio e minerali, mentre quello prodotto dalle mucche in batteria conterrà questi fattori nutritivi in quantità ridotta.

Altra importante considerazione riguarda la correlazione tra il consumo di latte e latticini nell’adulto e il rischio di contrarre patologie prostatiche, fino al cancro prostatico. [Torniainen S. et al Lactase persistence, dietary intake of milk, and the risk for prostate cancer in Sweden and Finland, Cancer epidemic, Bio makers e prevention, 2007, 16 (5), pp. 956-61].

D’altra parte però esiste anche un ruolo protettivo per il tumore al colon, data la presenza nel latte di una sostanza chiamata lattoferricina che deriva dalla digestione enzimatica della lattoferrina, nota per le proprietà anti cancro e immunostimolanti.

Nella donna, un elevato consumo di latte e latticini favorisce la produzione di cisti ovariche, seno fibromatoso e tumore al seno. Ecco perché le linee guida della prevenzione anticancro, diffuse dai centri di terapia oncologica, sconsigliano il consumo di latte alle donne che hanno avuto un problema oncologico a seno, utero e ovaie.

Inoltre, Il 55% della popolazione mondiale è intollerante al lattosio, il principale zucchero del latte. Tuttavia, esiste una grande variabilità geografica: nei paesi dell’Europa settentrionale il 60-70% delle persone mantiene Ia funzione dell’enzima che digerisce il lattosio. Man mano che si scende dal nord Europa, invece, l’attività della lattasi si riduce: nella nostra penisola e dintorni, bacino del Mediterraneo, il deficit genetico per la Lattasi, è molto frequente.

Come tutte in tutte le situazioni confuse, è importante non adottare concetti estremi e prese di posizione inutili. Forse basta una semplice domanda: abbiamo bisogno di grandi quantità di latte e prodotti lattiero caseari?

I bambini sì, è chiaro per tutti. Gli adulti no!

Infine, è importante ricordare che uno screening genetico può aiutarci a individuare le persone che possono trarre beneficio da un’alimentazione a base di prodotti lattiero caseari. La personalizzazione del consiglio nutrizionale, e il buon senso, ancora una volta, prevalgono sulle credenze popolari. Bisogna rivolgersi a uno specialista in nutrizione che possa avvalersi dell’indagine genetica, per meglio consigliare e educare non solo il singolo soggetto ma tutta la famiglia.

cura del Prof. GiuseppeDi Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

Secondo una recente ricerca, condotta da un gruppo dell’Università di Adelaide, e pubblicata sull’ultimo numero dell’European Journal of Epidemiology, i bambini alimentati con diete sane in età precoce svilupperebbero, nel tempo, un quoziente intellettivo leggermente superiore, rispetto ai coetanei cresciuti con “diete spazzatura”.

Lo studio, che ha avuto come campione oltre 7.000 bambini, ha esaminato il legame tra le abitudini alimentari dei bambini a 6 mesi, 15 mesi e due anni, e il loro quoziente d’intelligenza (QI) a otto anni di età.

Sono stati analizzati una vasta gamma di modelli alimentari, valutando: gli aspetti tradizionali, le modalità di preparazione, l’utilizzo di prodotti freschi o preparati, l’allattamento al seno, il consumo di “cibi spazzatura” e di quelli verso i quali potrebbe esistere un’intolleranza.

Poiché nei primi due anni di vita la dieta fornisce le sostanze nutritive necessarie allo sviluppo del sistema nervoso, scopo dello studio è stato quello di analizzare il reale impatto delle abitudini alimentari sul QI dei bambini.

I risultati mostrano che i bambini allattati al seno a sei mesi e, alimentati con una dieta sana e regolare a 15 e 24 mesi (dieta ricca di legumi, frutta e verdura) hanno manifestato, a 8 anni, un QI superiore di due punti rispetto ai bambini cresciuti con una dieta ricca di biscotti, cioccolato, dolci, bibite e patatine fritte nei primi due anni di vita.

Sembrerebbe che un effetto negativo possa essere determinato anche dall’assunzione in età precoce di alimenti già preparati industrialmente e ricchi di conservanti e/o additivi alimentari, ma a questo riguardo i risultati appaiono discordanti.

Le evidenze raccolte sottolineano la necessità di nutrire i bambini con cibi sani fin dai primi anni di vita. Un’alimentazione corretta contribuisce, infatti, al completo sviluppo delle facoltà psichiche. Importante, inoltre, un apporto corretto di acidi grassi della serie omega 3/6, derivati da pesce e verdura, per favorire lo sviluppo generale del bambino e del sistema nervoso centrale.

Anche se le differenze di QI non sono esorbitanti, è stato comunque dimostrato il ruolo cruciale dei modelli alimentari, adottati nel periodo dai 6 ai 24 mesi, per sviluppo cognitivo dei bambini.

Invitiamo a controllare l’alimentazione dei bimbi fin dai primi giorni di vita; fondamentale per lo sviluppo e il nutrimento del neonato è l’alimentazione della madre. Un’alimentazione corretta ed equilibrata, infatti, influenzerà la crescita del bambino, riducendo la possibilità di sviluppare allergie alimentari, dermatite, colite.

Il Dott. Francesco Lampugnani – Biologo Nutrizionista, Specialista in Farmacologia – presenta il caso di una paziente notevolmente migliorata grazie alla diagnosi d’intolleranze alimentari con ALCAT test e un adeguato trattamento nutrizionale:

Trattasi P.A. donna, 32 anni. Alla prima visita, la paziente presentava un intestino molto rovinato, con feci lente e più scariche nella giornata. Altri sintomi lamentati: gonfiori persistenti, acne, alitosi, sudorazione acida e maleodorante, spossatezza. La paziente ha eseguito il test ALCAT, che ha riscontrato le seguenti intolleranze: Frumento, Lievito di birra, Malto, Orzo, Pomodori. In seguito è stata sottoposta a una bonifica dell’intestino con l’utilizzo di probiotici ed è stato prescritto un importante piano nutrizionale a correzione delle intolleranze, che prevede un periodo di eliminazione e una successiva rotazione degli alimenti intollerati.

Dopo un mese, i miglioramenti sono stati eclatanti: alitosi scomparsa, sudorazione normalizzata, feci normali e intestino rientrato. Eliminati i gonfiori e quasi scomparsa l’acne. La paziente è molto soddisfatta e procede con un trattamento nutrizionale stabilizzante.

Dott. Francesco Lampugnani

 

Venerdì 21 settembre 2012, ore 19.30, presso Hotel Villa Maternini, via P. A. Mutti, 3 Vazzola (TV)

La diagnostica di laboratorio sulla ricerca delle intolleranze alimentari è un argomento da sempre molto dibattuto. Una volta esclusi tutti i meccanismi immunologici che causano allergie IgE mediate, deficit enzimatici (lattasi) e celiachia, rimane un vuoto per la diagnostica clinica e di laboratorio su tutte le forme clinicamente evidenti ma prive di riscontro da parte del laboratorio.

Eppure, non sempre si tratta di un disturbo legato alla somatizzazione d’ansia, allo stress, o altro di psicosomatico, anche se di solito sono queste le uniche risposte fornite dai medici a tutti quei pazienti che manifestano reazioni e problemi legati alla ripetuta assunzione di cibo.

Intolleranze: cosa fare per scoprirle?

La Genetica come nuovo approccio preventivo

Saranno questi i principali argomenti trattati dal Prof. Giuseppe Di Fede durante l’incontro gratuito organizzato da MULTIMEDICA LAB – Poliambulatorio Specialistico e Laboratorio Analisi Privato e I.M.Ge.P– Istituto di Medicina Genetica Preventiva.

Seguirà aperitivo.

Vi preghiamo di far pervenire la vostra adesione alla Segreteria Organizzativa:

tel. 0438.28736  e-mail: multimedicalab@libero.it

 

Riparte il ciclo di incontri dedicati alla Microimmunoterapia (MITO), a cura di Vanda Omeopatici e I.M.Ge.P – Istituto di Medicina Genetica Preventiva.

BOLOGNA – Sabato 29 settembre 2012, presso l’Hotel B4 Bologna Tower – v.le Lenin 43 , si terrà “Microimmunoterapia (MITO): inquadramento della patologia autoimmune e strategia terapeutica. Contributo delle analisi di laboratorio e della genetica“, Seminario a cura del Prof. Giuseppe Di Fede – Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica.
L’incontro, organizzato da Vanda Omeopatici in collaborazione con l’Istituto di Medicina Genetica Preventiva (I.M.Ge.P) avrà come obiettivo la formazione dei partecipanti in merito ai seguenti argomenti:

  • Utilizzo della microimmunoterapia nelle patologie articolari, artrite reumatoide e connettiviti.
  • Infezioni da Papilloma Virus.
  • Allergie e Intolleranze alimentari, nuovi approcci terapeutici, supportati da innovativi test diagnostici, e contributo della genetica.
  • ALCAT test per le intolleranze alimentari

Relatore
Prof. Giuseppe Di Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

Programma

  • Inizio Seminario ore 9.30
  • Colazione di lavoro  ore 13.30
  • Chiusura dei lavori  ore 18.00

ISCRIZIONE GRATUITA

Vi preghiamo di far pervenire la vostra adesione alla Segreteria Organizzativa:
tel. 0679312185 –  fax 0979810214 e-mail: info@vanda.it

 

A cura del Prof. Giuseppe Di Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

La salute si conquista soprattutto a tavola, imparando fin da piccoli le regole del mangiar sano. I genitori devono essere un modello per i loro figli: incoraggiare e proporre un’alimentazione sana, variare gli alimenti, limitare i cibi spazzatura e le bevande “zuccherine”.

Dato l’aumento considerevole dell’obesità, soprattutto tra i bambini, riportiamo di seguito alcune raccomandazioni, tratte dalle linee guida per la prevenzione del sovrappeso e il miglioramento dello stato di salute promosse dall’American Academy of Pediatrics, dell’Institute of Medicine e dell’American Heart Association.

ELENCO DELLE RACCOMANDAZIONI PER LA FAMIGLIA:


• I neonati vanno allattati al seno dalla nascita fino ai sei mesi, senza introdurre altri cibi solidi o liquidi; l’allattamento deve proseguire anche dopo l’inizio dello svezzamento, fino ai 12 mesi o più.

• Promuovere un’alimentazione salutare variando la dieta: frutta, verdura, cereali integrali, proteine da fonti salutari, prodotti caseari a basso contenuto di grassi, considerando l’eventuale presenza d’intolleranze alimentari o allergie. Consiglio di eseguire un test diagnostico genetico sulla predisposizione alla celiachia e intolleranza al lattosio, in modo da iniziare a variare la dieta in funzione del risultato ottenuto dall’indagine genetica.

Non tenere in casa alimenti a elevato contenuto calorico e con basso valore nutrizionale, in particolare bevande zuccherine. Se proprio si desidera bere una bevanda zuccherata, è concessa dopo un’intensa attività fisica, così da evitare che il carico di zuccheri si accumuli nel tessuto adiposo.

Consiglio un test diagnostico sulla ricerca di eventuale intolleranza alimentare tramite ALCAT, test che individua gli alimenti responsabili d’intolleranza e accumulo di grasso.
• Essere un modello per i propri figli scegliendo una dieta salutare e praticando attività fisica.
• Incoraggiare i bambini a provare varietà nuove di cibi salutari, come le verdure; potrebbero essere necessari più tentativi per far accettare un cibo nuovo ai bambini.
• Far mangiare ai bambini 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, anche gli adulti dovrebbero seguire le indicazioni.
• Cenare con tutta la famiglia, a casa, e coinvolgere i bambini nella spesa e nella preparazione dei pasti.
Fare la colazione e incoraggiare i bambini a farla ogni giorno, cercando di variare gli alimenti proposti (colazione salata o dolce o mista).
Limitare il più possibile i pasti al ristorante e al fast-food e il consumo di cibi pronti.
• Insegnare ai bambini a porre attenzione alla sensazione di sazietà; offrire porzioni più piccole, non forzarli a “pulire il piatto”.
Incoraggiare l’attività fisica per un’ora al giorno (anche discontinuamente).
• Limitare a meno di 2 ore al giorno il tempo trascorso davanti alla TV.

È importante ricordare che l’obesità è considerata la causa principale di diabete di tipo 2,in soggetti che sono geneticamente predisposti alla malattia. Si può prevenire lo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 o alimentare attraverso un test genetico di medicina preventiva che individua i soggetti predisposti a sviluppare la “resistenza insulinica”, fattore di sviluppo, nel tempo, del diabete alimentare. Successivamente, il medico nutrizionista specializzato consiglierà un piano nutrizionale adeguato. Ancora una volta, la prevenzione nasce a tavola.

Per approfondimenti:

http://www.hsph.harvard.edu/obesity-prevention-source/obesity-prevention/families/family-healthy-eating-and-obesity-prevention.html
http://www2.aap.org/obesity/families.html?technology=1

cura del Prof. Giuseppe Di Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

Negli ultimi anni il crescente interesse per la microflora intestinale ha confermato il ruolo della dieta e dell’integrazione, e ha messo in evidenza gli effetti positivi e negativi prodotti rispettivamente da una condizione eubiotica o disbiotica (disbiosi intestinale).

Recenti studi hanno suggerito importanti relazioni tra l’equilibrio della flora intestinale e alcune malattie del sistema immunitario. Potrebbero, infatti, essere proprio i batteri intestinali a regolare malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. Lo sostiene una ricerca dell’Università dell’Illinois e della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota) secondo la quale i batteri intestinali sono fondamentali per la regolazione del sistema immunitario.Il lavoro, pubblicato su PloS One, e rilanciato da malattierare.it, è stato realizzato con l’utilizzo di alcune sofisticate tecnologie di sequenziamento genomico, che hanno dimostrato come la microflora intestinale può essere un biomarcatore per la predisposizione all’artrite reumatoide.

L’artrite reumatoide, le cui cause non sono ancora note, colpisce quasi l’1% della popolazione mondiale. Si tratta di una patologia cronica in cui il sistema immunitario attacca i tessuti, infiamma le articolazioni, e talvolta determina complicazioni cardiache che possono anche portare al decesso.
I ricercatori della Mayo Clinic di Rochester hanno raggiunto importanti progressi nella conoscenza del rapporto tra sistema immunitario e batteri intestinali, e dell’influenza che questi fattori possono avere nelle persone con predisposizioni genetiche alla malattia.

Lo studio è stato effettuato su alcuni topi con gene umano HLA-DRB1 0401, forte indicatore della predisposizione all’artrite reumatoide. Grazie a un gruppo di controllo con una diversa variante del gene, gli scienziati hanno confrontato le risposte immunitarie di due gruppi a batteri diversi, valutandone l’effetto sull’artrite reumatoide.

Hanno scoperto, inoltre, che i topi di sesso femminile hanno il triplo della probabilità di sviluppare la malattia.

”Il prossimo passo per noi – hanno dichiarato i ricercatori – è quello di mostrare se i bug presenti nell’intestino possono essere manipolati per cambiare il corso della malattia”.

Utile un controllo della flora intestinale con DISBIOSI test su urine che rivela la concentrazione d’indolo e scatolo intestinale, frutto di un rapporto alterato tra batteri “buoni” e “cattivi”, e un controllo delle feci, la valutazione dei ceppi batterici presenti nell’intestino. Lo studio della flora batterica intestinale attraverso le feci identifica anche la predisposizione a malattie infiammatorie intestinali che possono essere causa di malattie auto immuni sistemiche.

Un’arma terapeutica per la modulazione della flora batterica intestinale è  l’idrocolon terapia, che facilità la rimozione dei batteri patogeni, funghi presenti nel lume intestinale, e facilità la riflorazione dei batteri protettivi, attraverso l’introduzione di fermenti specifici e personalizzati.   .

A cura del Prof. Giuseppe Di Fede, Medico Chirurgo, Specialista in Nutrizione e Dietetica Clinica, Docente c/o il “Master di Nutrizione Umana” dell’Università di Pavia, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano.

Sono numerosi gli “esperti” e in particolare gli allergologi che negano l’attendibilità di tutti i test per le intolleranze alimentari. In particolare, leggendo l’articolo comparso nei giorni scorsi su “Salute Repubblica” on-line, nella rubrica “L’Allergologo Risponde”, Sulle intolleranze alimentari i test sono inattendibili e inutili, desidero esprimere alcune considerazioni, che riguardano soprattutto il test Alcat.

La diagnostica di laboratorio sulla ricerca delle intolleranze alimentari è un argomento da sempre molto dibattuto. Una volta esclusi tutti i meccanismi immunologici che causano allergie IgE mediate, deficit enzimatici (lattasi) e celiachia, rimane un vuoto per la diagnostica clinica e di laboratorio su tutte le forme clinicamente evidenti ma prive di riscontro da parte del laboratorio.

Eppure, non sempre si tratta di un disturbo legato alla somatizzazione d’ansia, allo stress, o altro di psicosomatico, anche se di solito sono queste le uniche risposte fornite dai medici a tutti quei pazienti che manifestano reazioni e problemi legati alla ripetuta assunzione di cibo.

Negli ultimi anni, numerosi lavori scientifici condotti dall’Ospedale S. Matteo di Pavia, Laboratorio di Immuno-Allergologia, pubblicati sulla rivista ufficiale dell’European Academy of Allergology and Clinical Immunology, riportano i notevoli risultati ottenuti dopo il test d’intolleranza alimentare ALCAT nella terapia di numerose patologie della pelle (dermatiti, eczemi, orticaria) non IgE mediate e disturbi gastro intestinali. Altri studi, con protocolli di valutazione su altre patologie legate alle sensibilità alimentari, sono ancora in corso.

Il sistema di analisi ALCAT valuta la reazione del sistema immunitario innato, attivo nelle reazioni di difesa contro antigeni di origine batterica, virale, micotica, frammenti proteici alimentari. Si suppone che la via di attivazione avvenga attraverso i Toll Like Receptor, con la messa in atto intracellulare di segnali che portano all’attivazione di NkF-b, e a sua volta l’induzione di citochine pro infiammatorie. La reazione flogistica mantenuta nel tempo porta all’attivazione dei mastociti, granulociti neutrofili, come effettori finali della risposta anticorpale antigenica verso le proteine alimentari.

Da almeno 20 anni, il test ALCAT è utilizzato nel campo delle intolleranze alimentari; i pazienti sottoposti al test sono persone che non hanno trovato risposte nei test tradizionali, se non attraverso una terapia farmacologica, che in alcuni casi sono costretti a seguire anche per diversi anni.

La metodica alcat consente, invece, di affrontare la terapia in maniera non farmacologia. Attraverso una dieta, impostata dal nutrizionista specializzato, priva degli alimenti riscontrati positivi al test ALCAT, successivamente reintrodotti in maniera graduale e controllata (Dieta di Rotazione) è infatti possibile ridurre l’infiammazione e ottenere un miglioramento dei sintomi (come si evince dagli studi dell’Università di Pavia condotti un campione di pazienti con problemi gastro intestinali e dermatologici: http://www.alcat.it/index.php/studi).

Infine, si sottolinea nuovamente che la medicina tradizionale, in ambito allergologico-immunologico, dove ancora molto c’è da scoprire e studiare, non ha ancora trovato una soluzione per numerosi disturbi e patologie. Il test ALCAT tenta di fornire una risposta in grado di risolvere almeno in parte i problemi legati all’alimentazione, che si basa sul cambiamento dei nostri stili di vita. Per una salute duratura nel tempo è, infatti, indispensabile conoscere e scegliere i cibi più idonei al nostro organismo. Ricordiamoci che un terzo delle malattie oncologiche ha origine da un’alimentazione scorretta protratta negli anni. La prevenzione nasce a tavola e inizia da piccoli.